Quando il Web si colora di rosa

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Avendo aperto da poco questo spazio, dedicato a riflessioni ed “esercizi di comunicazione”, sento il bisogno di un mio “ABC” che mi possa aiutare a rendere l’ ambiente più piacevole a chi legge e a chi naviga in questo mare chiamato web. Qualche giorno fa, ad esempio, ho avuto l’occasione di partecipare ad un appuntamento, utile per chi si è appena avvicinato (e lo ha fatto da poco tempo rispetto alle protagoniste di cui mi accingo a parlare) a questo particolare campo d’interesse.

L’evento in questione, “Mouse in Borsetta. Donne 2.0.” (nel calendario del Salone del Libro Off), si è svolto in uno dei luoghi più caratteristici di Torino: tra le bancarelle del Gran Balon all’interno del Cortile del Maglio. Grazie a questo incontro, e al termine dell’immancabile tour della seconda domenica del mese tra oggetti antichi e vestiti strani, ho potuto dialogare con tre diverse blogger. Diverse, sì: per tema, esperienze, ambiti di interesse ma soprattutto diverse nei modi di “usare il web”.

Perchè internet come quota rosa? Il collegamento tra donne e internet è efficacissimo quando il multitasking, caratteristica tipicamente femminile, riesce ad emergere. I nuovi strumenti di utilizzo del web 2.0 come smartphone, tablet o pc ben si affiancano alle altre attività lavorative e familiari. Sebbene queste esperienze 2.0 non sempre diventino fonte di guadagno, i social network aiutano a mostrare la realtà senza limiti di distanze o gerarchie. Questa la riflessione della web journalist e blogger Erica Vagliengo, autrice del romanzo “Voglio scrivere per Vanity Fair“, in cui racconta le disavventure di Emma Travet, “precaria con stile”. Nel 2013 inaugura il blog “Diario di una svagata” con l’intento di celare EmmaT e far conoscere l’ “originale”. Ma ormai della doppia personalità Erica Vagliengo si fa un baffo, pubblicando l’ e-book con iper-link su amazon.com e portando EmmaT sempre con sé in borsetta. Due profili Twitter, due pagine Fb e Instagram. Oggi è possibile visitare il sito ed un e-shop su blomming acquistando proprio i capi citati nell’e-book. Sempre sul pezzo e perennemente online, il sogno di Erica Vagliengo, oggi, è quello di potersi permettere una governante.

Web più democratico, quindi? La genuinità della rete è un requisito fondamentale, l’ ambiente è ideale a far emergere un lato privato che la trasparenza del web permette di portare in luce, ma molto contano le reti di relazioni all’interno delle quali si è inseriti. Il caso di Silvia Lanza ne è un esempio. Responsabile ufficio stampa di “Turismo Torino e Provincia”, è autrice del blog “Vieni fuori con me” con cui dà voce al barboncino Pixi, raccontando la città secondo le esigenze del suo migliore amico. Il suo blog raccoglie le voci di chi ha forte sensibilità verso l’argomento. Questo caso è un esempio di un forte posizionamento, tale da attrarre una nicchia specifica.

Cosa hai da dire. La genuinità è il requisito fondamentale del web. Il lettore si accorge subito se non ne hai. Se dobbiamo parlare di professionalità web 2.0 del futuro, le blogger odierne devono prestare attenzione a questo particolare: il limite da non superare è quello della naturalezza della rete. Se internet è il veicolo che più è in grado di mettere in pubblico la nostra privacy, dove è possibile comunicare, senza freni, lo si deve fare per un obiettivo e metterlo a disposizione degli altri. Tutto dipende da cosa si ha da dire. In buona sostanza, si deve cercare un motivo per distinguersi. Questo è il caso di “Mamma&Mami“, blog di Simona Murgia coordinatrice del Gruppo Brescia delle Famiglie Arcobaleno che ha fatto del suo motivo per raccontare e comunicare una causa sociale. “Ci chiamano diversi” ci dice, raccontandoci le storie di vita quotidiana di una famiglia omogenitoriale che non ha nessun tipo di trasgressione. Superare il “non voler conoscere” è l’obiettivo da raggiungere. Stesso caso quello del “Network Mamas” con Cristina Interliggi , rete virtuale di mamme che hanno perso il lavoro ed intendono mettere a disposizione la propria professionalità.

Tre donne diverse, accomunate dalla passione per il web e dalla capacità di raccontare storie, per
una domenica speciale, tra bancarelle e riflessioni. Ci rivediamo, vero?

Rose rosse per la ripresa

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La categoria di imprese e imprenditori oggi è spesso vessata, punita perchè raffigurata da una cultura antindustriale che si è diffusa soprattutto in questi ultimi anni. Forse, spesso rappresentati da imprenditori che negli ultimi venti anni hanno fatto “male” alla categoria, non soltanto al paese. Considerato che da circa da venti anni il nostro paese non produce riforme necessarie a costruire una politica economica e industriale solida, il loro grido di dolore non rappresenta un sostegno di parte, ma dalla parte del paese.

L’ INIZIATIVA. Nella manifestazione del 14 febbraio Giorgio Squinzi ha sottolineato che “Non è una protesta a favore o di parte, per un governo o un altro”. Le proposte da loro avanzate sono raccolte in un manifesto unico, e scaricabile dal loro sito http://www.ripresaimpresa.it. Le riforme proposte sono riforme strutturali, oltrechè di buon senso, che mancano oggi nel dibattito politico. Serve invece dibattere, anche su quale imprenditore intendiamo proteggere oggi. Esistono imprenditori che non intendono andarsene dall’Italia, che puntano sul paese anche a fronte di evidenti vantaggi economici derivanti da una delocalizzazione delle produzioni. Con i rischi che ne derivano.

IL DIBATTITO POLITICO. Del rischio di puntare sull’Italia si parla poco, o meglio, il problema sembra confinato ai soli imprenditori, quando invece il 41 % dei giovani senza lavoro oggi dovrebbe essere assunto proprio dalle loro aziende. Il problema riguarda tutti. “Dal 2008 un impresa su 4 ha chiuso”, ma nel dibattito politico attuale i temi cari all’elettorato sembrano, momentaneamente, essere altri. Riduzione dei super stipendi dei manager, taglio ai costi della politica. E poi Expo e turismo, come immagine da dare all’estero dell’Italia. Temi di giustizia sociale e non solo, di cui è bene parlare. Certamente temi utili. Manca però un approccio sostanziale e pragmatico quando si affronta il dibattito sul lavoro senza accogliere un più ampio piano sulla politica industriale. L’attenzione che la classe politica dà alle aziende non è proporzionale alla criticità del momento. Da qui il motto a colpi di hashtag : #La ripresa passa dall’impresa, o anche #ripresaeimpresa. Ma a livello governativo nessuno ha raccolto la voce dell’imprenditore. Nonostante “il 95 per cento del sistema italiano riguardi le piccole e medie imprese” – afferma Fabrizio Gea, Presindente Confindustria Canavese­ – “circa il 25 % esportano all’estero ovviando alla crisi, il 25% lavorano con la pubblica ammministrazione ed un 25 % lavora quasi esclusivamente sul mercato nazionale, e sono proprio gli ultimi a subire gli effetti più pesanti della crisi”.

ROSE ROSSE PER TE. 5914 rose. Una per ogni azienda piemontese. Tutto parte dalla manifestazione avvenuta il 14 febbraio in occasione del S. Valentino in Piazza Montecitorio a Roma. “L’abbiamo detto con una rosa – dice il presidente dell’ Unione Industriale Licia Mattioli perche è – una manifestazione pacifica, segno di un amore per l’Italia e per il Governo, anche quando questo la maltratta”. Un amore non corrisposto, non per questo silenzioso ma che si espande ad effetto web 2.0. Il numero della “Marcia dei 40mila”, a cui si richiama l’iniziativa, è stato già abbattuto. E di giorno in giorno aumenta il numero di imprenditori che esprimono il loro “Amo l’Italia, ma basta”. Un video di trenta secondi da caricare sul sito consente ad ogni imprenditore di “metterci la faccia”: ciascuno può infatti partecipare per raccontare ciò che rende difficile, esasperante, fare impresa in Italia. Aderire all’appello al manifesto, commentarne i singoli punti e dare le proprie priorità contribuisce a dare forza all’iniziativa. Bastano una foto o un claim. Fare squadra. Questo è quello che serve a comporre il documento da presentare al Governo.

I perchè di una marca forte: il caso Michelin Italia

Per parlare del ruolo dell’addetto stampa e di ufficio stampa “puro”, separato dall’ufficio comunicazione, poco tempo fa presi ad esempio il Museo del Cinema di Torino. Oggi parlerò invece di un’azienda che di comunicazione e informazione non opera una così netta separazione, ma che al contrario trae vantaggio dal loro coordinamento. Si tratta di Michelin, prima in Italia per quote di mercato in ambito di pneumatici, e non solo. Produce infatti famosissime guide turistiche, servizi alla mobilità come villaggi per la sicurezza stradale e “tutto un mondo legato alla mobilità”.

Se si pensa a Michelin ci si domanda come l’ azienda, così grande e con una marca forte, riesca a resistere nel tempo comunicando una storia ultracentenaria (in Italia è nata nel 1906) all’interno del mercato italiano e mondiale. Marco Do, Direttore della comunicazione di Michelin Italia, coordina allo stesso tempo ufficio stampa, ufficio relazioni esterne, ufficio marketing ed ufficio della comunicazione interna. Dal suo racconto, questo appare un fattore imprescindibile: “Quando rivolgo un comunicato alla stampa – commenta Do – non può che essere stato precedentemente concordato con la comunicazione interna. Non solo, se l’ ufficio marketing segnala un problema o un dato significativo non posso che tenerne conto nei comunicati”. Un’affermazione, questa, che può aver tratto origine dalla precedente esperienza sindacale del direttore del servizio comunicazione..

IL VALORE DELLA MARCA. Quando si chiede a Marco Do quale sia la più giusta interpretazione del proprio ruolo all’interno dell’azienda, egli afferma che solo da poco è riuscito a rispondere a questa domanda. Tra le risposte che nel corso degli anni si sono succedute, è giunto alla conclusione che oggi il suo compito è incentrato sulla “creazione di valore”. Cosa significa valore per l’ azienda? Dove troviamo il valore? E soprattutto attraverso quali indici possiamo rispondere a questo quesito? “Il valore di un’azienda sta nella riconoscibilità della marca. Il valore di marca Michelin è il prezzo differenziale che si è disposti a pagare per avere quella marca rispetto ad altre. Secondo le agenzie di rating e fondi di investimento, il valore di marca Michelin è 4, 4 miliardi di dollari.”

LA REPUTAZIONE. Non si tratta quindi di creare valore di un bene materiale, ma della creazione di un bene immateriale. Tra anni ottanta e duemila, la valutazione tra beni materiali e immateriali è cambiata a favore dei secondi. Tra i beni immateriali c’è la marca, nella misura in cui questo bene agisce nel comportamento del consumatore e aumenta la sua intenzione d’acquisto.Più la reputazione di una marca è buona più il rapporto emotivo, l’appeal e quindi l’intenzione di acquisto aumentano. Oggi, “secondo il reputation institute, Michelin è al ventunesimo posto nella all brand mondiale e al diciassettesimo in Italia”.

MISSION e RESPONSABILITA’ SOCIALE. “Ogni azienda deve sempre dichiarare la propria ragione d’essere e il suo ruolo sociale” ricorda Do. E’ la missione che contribuisce a creare quel feeling con il consumatore che influenza l’intenzione di acquisto. “Quando si parla di creare valore all’interno di una marca il dipendente è il primo ambasciatore dell’azienda. Per questo, per identificare la mission, bisogna partire dalla comunicazione interna e chiarire ai dipendenti la ragion d’essere di lavorare in Michelin”. Obiettivo della comunicazione aziendale Michelin non è vendere pneumatici, quanto più :”A better way forward”, offrire il miglior modo di avanzare. La responsabilità sociale d’impresa coinvolge invece i tre indicatori che più cambiano la valutazione di reputazione di un’azienda: responsabilità nel trattare i dipendenti, capacità d’integrarsi con i territori in cui l’azienda si trova a operare e rispetto per l’ambiente. In tre parole, la politica che l’impresa decide di adottare.

Ecco dunque i fattori che hanno reso nel tempo Michelin un marchio forte: elevata responsabilità sociale, capacità di estendere l’esperienza di marca oltre l’acquisto del prodotto, coerenza nel rispetto dei propri valori che ha generato una forte reputazione consolidata nel corso degli anni. Non bastano pneumatici di qualità per dominare i mercati mondiali. Serve comunicare, nel modo giusto.

Orti contemporanei alla Reggia di Venaria

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Se visitare e scoprire Torino è sempre più materia preferita dei miei passatempi nel fine settimana, mi accorgo che una sola visita alla Reggia di Venaria non basta mai. “Ortinfestival” dal 30 maggio al 2 giugno sarà dunque il pretesto per tornare alla reggia, da segnalare a chi vive Torino tutti i giorni o per chi si trova semplicemente in viaggio nei paraggi torinesi. Nel Potager Royal della “reggia dei contemporanei” avrà luogo l’anticipazione dei grandi temi Expo 2015. L’occasione per l’evento è frutto del riconoscimento della reggia sabauda come luogo simbolico dell’ Expo2015, o meglio ExTo, prolungamento dell’iniziativa milanese sul territorio piemontese.

                                                                                                                                           

L’EVENTO. Sui 10 ettari che nell’Ottocento ospitavano l’Azienda Agricola della Real Casa sarà collocato quindi il festival gastronomico. Le esperienze di alimentazione proposte saranno innovative, secondo i principi dell’agro-ecologia e innestate in quella linea di pensiero che vede sapori sì gustosi ma attenti alla salute. Rispetto per l’ambiente, sensibilità e salvaguardia delle risorse idriche ed energetiche saranno al centro della manifestazione.

                                                                                                                                                               

 “L’ORTO CONTEMPORANEO. Nell’epoca della delocalizzazione globale di industrie e stabilimenti “l’orto contemporaneo, o meglio ortemporaneo“, come suggerisce Vittorio Castellani più noto come Chèf Kumalé, prevede il ritorno alla terra in una visione “glocale” mostrandoci stimoli e opportunità per nuove esperienze di vita e lavoro nel futuro prossimo recuperando varietà a rischio di estinzione. La manifestazione proporrà il made in Italy con prodotti tipici piemontesi e italiani ma allestirà un’area di erbe aromatiche anche di diversa provenienza: dall’arco alpino mediterraneo a quello orientale, quindi asiatico. La notizia però, è la presenza di ortaggi esotici a km zero. “La CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) – come ricorda Castellani – ha presentato a Ottobre dello scorso anno uno studio che ha censito 371 aziende agricole in Lombardia che producono 111 varietà tropicali perfettamente adattate in Italia: prodotti provenienti dalla Cina, Sudamerica che però si coltivano nelle nostre terre.”

                                                                                                                                          

L’EVENTO MEDIATICO. A Torino esiste la piu’ importante comunità peruviana d’ Italia. Verrà dunque riproposto durante la manifestazione il “rito” peruviano della madre terra che coincide con il rito della fertilità e consiste nello scavare e cucinare un banchetto nella terra. Carl Warner, uno dei fotografi di foodscape (i famosi ingredienti che diventano paesaggi) più importanti al mondo è stato coinvolto per realizzare, con scatti che riproducono ingredienti piemontesi, il foodscape della Venaria. L’immagine ufficiale dell'”edizione zero” del festival è infatti una sua foto in licenza d’uso, le altre edizioni, per ora, possono essere solo immaginate.

L’ufficio stampa tra continuità e cambiamento

L’interessante incontro con Veronica Geraci è stata l’occasione per alcune riflessioni sul ruolo dell’ufficio stampa.

 

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L’iscrizione al Club della Comunicazione d’Impresa ha rappresentato una sorta di “corrimano” cui appoggiarsi nei momenti di ridefinizione dell’ identità lavorativa. Nella crisi contingente che oggi ci accomuna il passaggio continuo tra vari stage costringe e porta a rimettere in discussione vocazione e identità lavorativa ogni circa sei mesi. Una stagista che cerca il proprio posto nel mondo, oltre a dover sbarcare il lunario, deve raccapezzarsi tra differenti ramificazioni che nel campo pratico la comunicazione implica. L’iniziativa è fonte interessante per gli stimoli che questa professione richiede, grazie ad incontri con personalità del mondo della comunicazione nel territorio torinese. Incontri che, per chi vuole esercitare questa professione, sono fondamentali per potersi orientare e incanalare in un percorso senza perdersi nell’immenso mare.

 

L’UFFICIO STAMPA. A tal proposito il primo incontro con Veronica Geraci, capo ufficio stampa del Museo del Cinema di Torino, è stata un’ utile opportunità per comprendere l’importanza di un ufficio stampa classico e separato dall’ufficio marketing e comunicazione. Questa netta divisione ha comportato un notevole miglioramento nella comunicazione sia interna che esterna. Perchè? La separazione è molto legata alla portata di due concetti, quello di informazione e di comunicazione, basilari per la nostra professione. Se l’informazione è incentrata sulla trasmissione di messaggi in un rapporto univoco, la comunicazione è lo scambio di contenuti e di opinioni in una relazione biunivoca. Come ha ricordato la stessa Geraci, per il grande “Indro Montanelli il giornalista è colui che si occupa di informazione pura, dove il fatto è il dato in se’ rilevante”.

 

IL POTERE DELL’ADDETTO STAMPA. L’ufficio stampa è dunque l’organo di informazione per eccellenza ove l’ esclusività del rapporto con i mass media trova luogo, in un rapporto quotidiano con gli addetti ai lavori di carta stampata, radio, tv ed oggi anche new journalism. Tramite gli “antichi” strumenti del comunicato e della cartella stampa viene veicolata la voce dell’ente. E’ in questi termini che si traduce il “potere” dell’ufficio e di conseguenza dell’addetto stampa, che diviene con grandi responsabilità una delle persone piu influenti nel meccanismo di informazione, essendo la parte frontale di qualunque ente o persona. Questa distinzione si rende dunque necessaria sia per competenze che per obiettivi. Creatività ed estetica trovano maggior aderenza nell’ufficio comunicazione e marketing, completo di budget, in cui la promozione è l’anima della sua rappresentazione.

 

VERSO IL WEB 3.0. Oggi l’ufficio stampa del Museo del Cinema non solo è ufficio classico, ma al passo con i nostri tempi è “un ufficio stampa 2.5“(giacchè il 2.0 viene cosiderato ormai superato). Tenendo conto che “91% è la percentuale di giornalisti che usano la rete per cercare notizie, 82% è la percentuale di giornalisti che usano la rete per cercare idee per articoli, 59% è la percentuale di giornalisti che usano la rete per verificare comunicati stampa“, il new journalism è diventata oggi la frontiera alla quale rivolgersi. Tanto più che Twitter per i giornalisti pare essere diventata la prima agenzia di stampa: “ci sono giornalisti che prima di dare il pezzo all’ansa, twittano” commenta Geraci. Una criticità di non poco conto, se ricordiamo il divertente esperimento di Daniele Virgillito sulla verifica delle fonti da parte dei giornalisti, editor e produttori di contenuti che riprendevano informazioni da Wikipedia che lo stesso in persona, aveva manomesso. La prospettiva quindi di un ufficio stampa ai tempi del new journalism è l’utilizzo strategico dei social network (Facebook, Twitter, Foursquare) in maniera ben diversa da un qualsiasi utilizzatore. L’Ufficio Stampa 2.5 utilizza infatti oggi questi strumenti per raggiungere una platea ben più ampia dei giornalisti. La democrazia del web permette a chi non è giornalista di farsi opinion maker diventando cosi portatore di informazione. Secondo una semplice progressione illustrata dalla dottoressa Geraci: “i social network oggi servono per generare flussi, i flussi indicano la portata e più portata significa più visibilità restando alto nei motori di ricerca, tradotto in termini di risultati significa maggiore affluenza al museo.”

 

Un incontro illuminante, dunque, non solo conferma delle regole alle origini della professione dell’addetto stampa, ma che si fa anche portavoce della trasformazione in cui il ruolo dei social media oggi è “centrale, anche se non sostitutivo“. Un contributo ricco di spunti e consigli utili a riguardo degli orizzonti e delle prospettive che si presentano di fronte a giovani comunicatori. Aspettando, scalpitanti, il “3.0”…..